La bellezza proposta da Stefano Nicolini reclama di riprendere a dialogare con l’arte e con quella fotografica in particolare, per tornare a illuminare il percorso dell’uomo, esistenziale prima ancora che artistico. Le sue immagini intendono suscitare la fatidica domanda: nell’arte e quindi nella fotografia contemporanea, non vi è una sopravvalutazione dell’elemento concettuale e della capacità di provocare riflessione? La plasticità, l’ uso dei cromatismi, la forza espressiva, la nitidezza delle luci mai supportate da dispositivi flash e fari, elementi che ne caratterizzano la fotografia, riavvicinano all’apprezzamento di quelle capacità sintetizzabili nella manualità che tradizionalmente identifica l’artista. L’uso dell’astrattismo e del mosso supportano una visione provocatoriamente tanto onirica e idilliaca quanto analitica. E’ la forma, ironica e ottimistica al tempo stesso, scelta dall’autore per farci soffermare sullo stato di salute del nostro mondo e del genere umano. Le sue immagini ci chiedono a cosa siano finalizzati l’incessante bisogno del nuovo e la spasmodica necessità di sorprendere se il pianeta malato è inconfutabile evidenza di quanto disconosciamo il presente e ci disinteressiamo al futuro. La significativa presenza di locations sconosciute ai più, ribadisce la vastità del nostro pianeta e l’inesauribile possibilità di analisi che demanda. Occorre quindi riflettere, su quanto già c’è. E’ forse il modo migliore per progredire. L’abbondanza di spunti che l’autore ricava dalla realtà spiega perché eviti la manipolazione digitale dei soggetti che ritrae. Non ne ha bisogno per creare immagini che sorprendano rivelando.